Acqua alta a Venezia: la grande sfida da affrontare è quella contro i cambiamenti climatici

20-11-2019
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I dati riguardanti il fenomeno dell’acqua alta che sta dilaniando Venezia confermano la gravità della crisi climatica che ormai caratterizza lo stivale: in circa 1200 anni solo sei volte la marea ha invaso la Basilica di San Marco e le ultime tre volte sono avvenute negli ultimi 19 anni, di cui una nell’ottobre 2018 e una il 12 novembre 2019.

In Italia i cambiamenti climatici stanno marciando a velocità doppia: se nel 2018 l’aumento della temperatura globale rispetto al periodo 1961-1990 è stato di 0.98°C, nel nostro paese si è arrivati addirittura a +1.71°.

L’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) all’inizio di quest’anno ha spiegato con chiarezza il significato di questa tabella di marcia: entro la fine del secolo l’innalzamento del mare lungo le coste italiane, stimato tra 0,94 e 1,035 metri, potrebbe provocare dei rischi di inondazione per 40 zone costiere, con attività turistico-balneari, ferroviari, strade e autostrade, riserve naturali e città ad alta densità abitativa che potranno finire sott’acqua nel giro di 80 anni.

Queste tragiche informazioni attestano che è arrivato il momento di agire subito: tuttavia l’ultimo dossier Brown to green report 2019 elaborato da Climate transparency evidenzia un livello d’ambizione ampiamente insufficiente dell’Italia contro i cambiamenti climatici. L’Italia infatti non solo non ha ancora rivisto e approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) ma, come sottolinea il responsabile Energia e clima di Greenpeace Italia Luca Iacoboni, il Governo sta anche portando avanti un Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) inadeguato, che dovrà essere approvato entro l’anno.

Sebbene la bozza del Pniec italiano risponda ai requisiti minimi previsti dal regolamento sulla governance europea per il clima e l’energia, il Piano, evidenzia Legambiente, si limita a continuare le misure già esistenti, con obiettivi inferiori a quelli europei sia per le emissioni climalteranti che per le rinnovabili.

Oltre a Legambiente, anche il Consiglio nazionale della green economy, composto da 66 organizzazioni di imprese, ha approvato una risoluzione con 5 proposte per migliorare il Pniec che prevedono, in sintesi, entro il 2030 di ridurre le emissioni di gas serra del 50%, portare al 35% la quota dei consumi di energia prodotta con fonti rinnovabili e dare risalto al contributo di bioeconomia ed economia circolare.

Dunque, per provare seriamente a contrastare i cambiamenti climatici e al contempo impostare l’economia italiana su una strada di sviluppo sostenibile, il Pniec deve alzare l’asticella puntando ad un futuro energetico al 100% rinnovabile e all’efficienza energetica per ridurre i consumi.